I treni a vapore, prima, li avevamo visti solo al cinema. La locomotiva ci riporta di colpo a un’epoca in cui lavoro significava sudore, sporcizia e calli alle mani: all’interno, dal nero assoluto della fuliggine emergono solo la bocca incandescente della fornace e i sorrisi dei macchinisti, sprofondati nel carbone ad una temperatura insopportabile.
Una figura però ci affascina più di ogni altra: un attempato signore che manovra delle leve in modo per noi incomprensibile. Ci spiegano che si tratta del frenatore, figura ormai obsoleta ma fondamentale nei vecchi treni per regolare velocità e fermate. Esposto alle intemperie, al calore e al fumo della locomotiva, quest’uomo ha l’enorme responsabilità della sicurezza dei passeggeri e delle merci, eppure è al gradino più basso nella gerarchia dei ferrovieri. Ci sembra il simbolo di chi resiste, per senso del dovere e per l’orgoglio di una missione da compiere, nonostante le difficoltà e senza riconoscimento economico; eroe e metafora di una classe operaia che continua con dignità e poche tutele a sostenere l’economia del mondo.